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5 domande a Carmine Piscopo, assessore alle Politiche Urbane | Napoli Giunta fin qui

Ci racconti come e perché ha accettato il ruolo di Assessore

Ho iniziato il mio rapporto con questa Amministrazione con il ruolo di presidente della Commissione Edilizia, in seguito al quale sono stato poi nominato Assessore alle Politiche Urbane, Urbanistica e Beni Comuni, con una breve parentesi come Assessore al Patrimonio. Ho accettato questi incarichi perché sentivo di condividere pienamente il progetto politico culturale di questa Amministrazione e del Sindaco Luigi de Magistris, un progetto che ha lavorato, e continua a lavorare, sul rilancio di una nuova immagine della città, in cui fosse possibile dare forma e spazio a termini quali integrazione, inclusione, partecipazione, città aperta, contemporaneità, contro quelli passatisti e strumentali di eterogeneità, dispersione, marginalità, con cui troppo spesso e troppo frettolosamente Napoli è stata nel tempo bollata.

Anche a partire dal mio ruolo di Professore universitario ho ritenuto importante lavorare, entro un quadro di azioni amministrative, alla definizione di una strategia di costruzione fisica della città legata ai nuovi bisogni, alle nuove istanze sociali del cambiamento. La città di oggi non vive solo di paesaggi costruiti ma è tensione politica, è insieme di immaginazioni differenti, esprime desideri e bisogni delle comunità insediate e oggi chiede un diritto democratico alla partecipazione, alla costruzione di comunità e per fino alla bellezza, che noi dobbiamo saper accompagnare. Questo è quello che ho provato a svolgere nel mio lavoro di Assessore in questi anni e credo che sui beni comuni, sulla difesa della città come democratica e dei diritti civili, abbiamo messo in moto una rivoluzione vera.

Napoli è una città cambiata, ci racconti come ha contribuito al suo cambiamento

Napoli a mio avviso è una città oggi profondamente diversa, sentita e vissuta dai napoletani con una maggiore consapevolezza e forse con una maggiore passione. Una della forze attive più importanti, che ho avuto modo di incontrare in questi anni da Assessore, sono le tante persone, uomini e donne che lavorano quotidianamente e spesso gratuitamente sui territori, a rafforzare quel senso di identità e di appartenenza ai luoghi in cui vivono, che è, forse, il modo migliore per consentire a questa città di superare alcune difficoltà. In questo senso abbiamo lavorato per “dare gambe” al riconoscimento del lavoro condotto da movimenti e associazioni in quanto rappresentativi di istanze, di proiezioni, di bisogni espressi dalle collettività di riferimento.

Parallelamente, ininterrotto è stato il lavoro sulla definizione del concetto di Bene Comune e di una sua riconoscibilità dal punto di vista giuridico che ha consentito di legare in un’unica azione territorio e collettività, architettura e città. Sono stati così effettuati complessi iter amministrativi per il riconoscimento di esperienze concrete che riguardano, solo per citarne alcuni, l’Asilo Filangieri, l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Materdei, il Complesso di Santa Maria della Fede, l’estrapolazione dell’immobile Villa Medusa dall’elenco dei beni in dismissione per la definizione di un Centro per Anziani, insieme con alcuni affidamenti di beni abbandonati come il giardino delle Teresiane a Materdei,  il giardino di Villa Ebe a Pizzofalcone, la realtà di Chi Rom e Chi No nell’ambito del Patto per Scampia, e tanti altri ancora.

Quali sono le maggiori difficoltà riscontrate nello svolgere il ruolo di assessore?

Credo che la difficoltà maggiore per chiunque ricopra incarichi pubblici come il mio, non legati ad elezione diretta, sia in particolare quello di guadagnarsi la fiducia e la stima dei propri concittadini e della collettività, soprattutto nell’ambito di situazioni particolarmente complesse. Nella difficile fase economica in cui questa Amministrazione si è trovata a lavorare, sin dal suo insediamento, l’importanza di costruire un sistema di fiducia e di collaborazione con i cittadini, ma anche con i dipendenti che da anni lavorano all’interno del Comune, è stato certamente una parte importante di questo lavoro. Molto spesso, infatti, ci si dimentica che il ruolo politico di un Assessore deve necessariamente essere collegato al lavoro della parte dirigenziale e tecnica, che è quella che deve poi rendere amministrativamente possibile il programma politico che ci si prefissa. Riuscire quindi a coinvolgere, spesso con grande entusiasmo, nelle nostre iniziative per renderle attuabili, tanto i dipendenti comunali quanto i cittadini napoletani è ciò che ritengo abbia rappresentato sia il lavoro più difficile ma anche quello più gratificante e importante.

Qual è il progetto del suo assessorato di cui va più fiero, in cui ha investito più energie?

Nessun intervento è stato pensato o risolto in modo isolato, quanto, piuttosto, nell’ambito di una strategia di interconnessione con altri interventi e altre azioni della città, per cui ciascun progetto ha richiesto tante energie e lunghe ore di lavoro. Sono quindi fiero di tutti progetti che si sono concretizzati, che sono stati avviati o che hanno, anche se in parte, contribuito a modificare la storia di alcuni pezzi di territorio e che hanno inteso conferire alla città di Napoli, attraverso l’architettura, il senso di una città aperta.

Penso allora al piano per Bagnoli, un piano per la città, fatto con i cittadini, che si oppone come concreta alternativa alle anticostituzionali regole imposte all’area dallo Sblocca Italia e dal commissariamento, ma anche al progetto per le “Vele di Scampia” firmato contemporaneamente dal Comune, dall’Università e dai comitati civici di quartiere che è stato presentato al Governo come la proposta della Città, da attuare con l’aiuto dei finanziamenti statali, o alla realizzazione sulla Collina di San Laise, intorno all’ex Base Nato di Bagnoli, area a lungo interdetta alle collettività, di uno spazio agricolo didattico rivolto alle scuole, ai cittadini e alle fasce più deboli della società. Ma penso anche alla riappropriazione di spazi pubblici come la riapertura del lungomare che diventa luogo aperto, attraversabile e fruibile da tutti per attività sportive, legate al tempo libero, alla cultura, alle manifestazioni, alle feste o ai grandi eventi, tra cui significative restano le diverse edizioni dell’America’s Cup, del Giro d’Italia e della Coppa Davis, che abbiamo come Assessorato contribuito ad organizzare.

I progetti per il Centro Storico Unesco, insieme con gli interventi di sponsorizzazione sui monumenti cittadini, ha consentito, inoltre, di rimettere al centro della discussione pubblica i temi della valorizzazione, della salvaguardia ma anche della rifunzionalizzazione oltre che del restauro del nostro immenso e prezioso patrimonio storico, rendendo la collettività partecipe, e direttamente protagonista, degli interventi che stiamo mettendo in campo, attraverso finanziamenti pubblici ma anche privati, come avviene nel caso del progetto Monumentando. Infine, credo che il lavoro più importante, sia a livello sociale che civico, che questa Amministrazione ha portato avanti in questi anni sia stato quello relativo all’affidamento e alla riappropriazione da parte della comunità dei beni confiscati alle mafie. Appartamenti, case, locali un tempo appartenenti ai boss Mariano, Di Lauro o Zaza, attraverso bandi pubblici sono diventati centri di accoglienza, di ascolto e di legalità; di recente inaugurazione sono, a questo proposito, il centro Unità Operativa Tutela Patrimonio dei Vigili Urbani del Comune di Napoli a Secondigliano e il progetto “La casa di Alice”, nel quartiere di Fuorigrotta, per l’accoglienza alla famiglie dei bambini oncologici che abitano lontano dai dipartimenti di onco-ematologia pediatrica della città.

Cosa vuole dire ai cittadini napoletani?

Ai cittadini napoletani non posso che dire di continuare a lavorare, come già in questi anni, insieme con le istituzioni per la costruzione della propria città, autonoma e autentica, lontana da mistificazioni e demistificazioni che vogliono Napoli subalterna a stereotipi o a gruppi di potere.

Carmine Piscopo